Il blocco degli acquisti dei crediti fiscali può portare al fallimento di migliaia di aziende e cittadini
Non c’è pace per il Superbonus e la cessione dei crediti fiscali. Mentre il governo studia i correttivi da apportare, ancora una volta diversi istituti finanziari, tra cui Poste e Cassa depositi e prestiti, hanno deciso di bloccare, ancora una volta, l’acquisto dei crediti da parte delle aziende. Il caso emblematico è quello di Intesa Sanpaolo, concentrata a smaltire le richieste pregresse che ammontano a circa 20 miliardi. Man mano che saranno evase, l’istituto potrà riprendere a soddisfare nuove richieste, ha fatto sapere la banca, che proprio per riavviare il mercato delle cessioni sta coinvolgendo direttamente le imprese per ampliare la propria capacità fiscale.
I continui «stop and go» però fanno sorgere più di un dubbio sui reali motivi alla base di tali decisioni. «Questo modo di fare alimenta il sospetto che questi improvvisi blocchi all’acquisto siano fatti di proposito per trarre maggior vantaggio economico da parte degli istituti finanziari. A voler pensare male si potrebbe immaginare che è tutta una strategia per aumentare il prezzo della cessione del credito» afferma Luciano Schifone, presidente di Federproprietà Napoli.
In pratica una vera e propria speculazione, come denunciato anche dall’Ance (Associazione nazionale costruttori edili), che crea notevoli difficoltà alle aziende già in crisi di liquidità. E il risultato è che chi ancora acquista lo sta facendo a percentuali bassissime, sfruttando la «disperazione delle imprese»: se prima il credito al 110% veniva acquistato in media al 102%, ora – spiega la presidente Federica Brancaccio – si arriva anche all’85%.
A nulla sono serviti i provvedimenti attuati dal governo Draghi per far ripartire il mercato. «La circolare delle Entrate che ha ammorbidito le norme, purtroppo ha sbloccato ben poco», sottolinea ancora Brancaccio, secondo cui Poste sarebbe ferma in realtà praticamente da un anno nell’acquisto dalle imprese ed ora avrebbe chiuso i rubinetti anche nei confronti dei privati che hanno crediti di minore entità, tra i 100.000 e i 150.000 euro.
Una situazione paradossale che rischia di creare ancora danni a un’economia già fortemente provata dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina. Tutto ciò, infatti, potrebbe provocare la crisi di migliaia di imprese e la chiusura di tantissime attività. Una disgrazia che si ripercuoterebbe anche sul tessuto sociale italiano e sui piccoli proprietari immobiliari.
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