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Dall’Ue nuovo attacco all’Italia e alla casa: accordo sugli obblighi di classe energetica

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Schifone: «Cosa succederà agli immobili storici e di pregio italiani?»

Per l’Unione Europea sembra ormai diventata un’abitudine. Ciclicamente, infatti, a Bruxelles si ritorna a parlare d’immobili e di riqualificazione energetica. Argomenti che sembrano essere solo modi diversi per attaccare il patrimonio edilizio italiano, vera cassaforte del Belpaese. I ministri dell’Energia dell’Unione europea, infatti, hanno raggiunto un accordo sulla revisione della direttiva sulle caratteristiche energetiche degli edifici, che prevede l’obbligo di «zero emissioni» su tutti gli immobili residenziali di nuova costruzione già dal 2030, assieme a un percorso per raggiungere sempre questa soglia di zero emissioni su tutte le case per il 2050.

Le soglie di efficienza energetica

Nel piano previsto dal Consiglio energia si prevedono soglie minime di efficienza energetica anche per l’edilizia non abitativa, con dei livelli da raggiungere fissati al 2030 e al 2034. Per gli immobili residenziali l’accordo tra i ministri Ue prevede delle «tappe di controllo» su un percorso di adeguamento allo standard di zero emissioni che andrà avanti dal 2025 fino al 2050. Dal 2033 diventerà obbligatoria una classe energetica «D» per tutti gli edifici. Dal 2040 sarà obbligatoria una classe che verrà determinata a livello nazionale con un graduale percorso di miglioramento fino al 2050.

È stato poi concordato di aggiungere la nuova categoria «A0» alla classe energetica certificata degli edifici che corrisponde a zero emissioni. Inoltre si potrà utilizzare la nuova categoria «A+» su edifici a zero emissioni che hanno un contributo positivo netto da rinnovabili sulla generazione elettrica che viene immessa nella rete. Al momento la scala energetica va da «A», il livello più elevato, a «G», il più basso.

Durante la conferenza stampa il ministro dell’industria della Repubblica Ceca, Jozef Sikela non ha però spiegato cosa succederà agli edifici che non rispetteranno questi parametri. In passato si era ventilata l’ipotesi che gli immobili non messi a norma fossero posti fuori mercato con l’impossibilità di venderli o affittarli. Adesso il problema potrebbe ripresentarsi in sede di negoziazione con l’Europarlamento.

Schifone: «Serve più chiarezza»

«Questo accordo, se non corretto con provvedimenti ad hoc, rischia di colpire ancora una volta i cittadini italiani. È noto infatti che in Italia esiste un grosso patrimonio immobiliare storico, di grande pregio. Alcuni hanno addirittura una storia secolare. Cosa succederà a questi edifici? Risulta impossibile efficientare palazzi del ‘400 o del ‘500. Dovranno essere abbattuti o dichiarati illegali? Un vero abominio. Un problema non presente invecen ei paesi nordici dove ci sono costruzioni di scarso valore e recenti. Servono correttivi urgenti» ha affermato Luciano Schifone, presidente di Federproprietà Napoli.

Le risorse economiche

Non di secondo piano, invece, la questione economica. Molti proprietari sono riusciti a migliorare le prestazioni energetiche grazie ai bonus edilizi stanziati fino a ora dal governo italiano. Bonus però che, con il passare del tempo, stanno scemando anche a causa dell’ingente spesa per lo Stato italiano. Cosa succederà quando i tantissimi cittadini, che non sono riusciti ad accedere agli aiuti statali, si troveranno davanti l’obbligo di rimodernare gli edifici di tasca propria pur non disponendo di grosse cifre? Chi pagherà gli efficientamenti? L’Unione europea, se proprio ha a cuore le sorti del pianeta e dei propri cittadini, dovrebbe decidere di partecipare al finanziamento del «Super bonus» italiano.

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