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Il parcheggio selvaggio è un reato. Per la Corte di Cassazione è violenza privata

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Condannata una condotta che ha privato della libertà di determinazione e di azione una persona

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (la 27559 depositata il 26 giugno 2023) amplia il concetto di violenza privata la condotta di colui che parcheggi la propria auto sulla strada di accesso a un fabbricato in modo da rendere non impossibile, ma anche solo significativamente disagevole l’accesso alla persona offesa, considerato che, ai fini della configurabilità del reato in questione, il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente della libertà di determinazione e di azione la persona offesa, nell’esercizio del proprio diritto di passaggio.

Secondo gli Ermellini, per configurare il reato di violenza privata, previsto e punito dall’articolo 610 del codice penale con la reclusione fino a quattro anni, è necessario che il comportamento influenzi in modo significativo il processo di libera determinazione della volontà della persona offesa. Questa influenza dovrebbe essere tale da indurla a un comportamento diverso da quello che avrebbe adottato in piena libertà, soprattutto in relazione al diritto di passaggio.

Per i giudici, quindi, integra il delitto di violenza privata «la condotta di colui che parcheggi la propria autovettura dinanzi a un fabbricato in modo tale da bloccare il passaggio impedendo l’accesso alla parte lesa, o comunque il movimento, considerato che, ai fini della configurabilità del reato in questione, il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l’offeso della libertà di determinazione e di azione»

La sentenza si allinea a precedenti autorevoli, richiamando esplicitamente una decisione relativa alla sostituzione non autorizzata della serratura di una porta di accesso. La giurisprudenza della Corte Suprema, nel definire le condotte punibili dall’articolo 610, ha identificato una serie di comportamenti che esercitano una forma di coazione sulla persona offesa, privandola della libertà di autodeterminazione e ponendola in situazioni non corrispondenti alla sua volontà.

Impedire a un condomino il transito

In passato la Cassazione ha condannato la condotta intenzionale dell’imputato che manteneva il proprio veicolo – già irregolarmente parcheggiato in un’area condominiale alla quale non aveva diritto di accedere («condominio a lui estraneo») – in modo tale da impedire alla persona offesa (un condomino) di transitare con la propria vettura, rifiutando reiteratamente di liberare l’accesso e pretendendo «con evidente protervia ed arroganza» che la persona offesa attendesse le altrui necessità.

Compie reato anche chi blocca un’altra auto con la propria

In un’altra sentenza (n. 48346/2015) la Quinta Sezione ha stabilito che commette il reato di violenza privata chi blocca un’altra auto con la propria, parcheggiandola in modo tale da ostruire l’unica possibilità di passaggio ad altra autovettura, che deve entrare od uscire da casa o dal parcheggio di sua proprietà.

Anche il parcheggio troppo vicino a un’altra auto può essere considerato violenza privata. «Posizionandosi con la propria autovettura – si legge nella sentenza n. 53978/2017 – a pochi centimetri dello sportello lato autista dell’autovettura della persona offesa (che per la presenza di autovetture parcheggiate avanti e dietro, non aveva alcuna possibilità di manovra) ha costretto la stessa a scendere dal proprio mezzo dalla porta del passeggero, per affrontarlo in una discussione (allo scopo di ottenere lo spostamento del mezzo); quindi con tale condotta il ricorrente ha pesantemente condizionato la libertà di autodeterminazione e movimento della persona offesa»

Lo spazio riservato ai disabili

Né mancano precedenti in tema di parcheggio nello spazio riservato ai disabili, che, oltre ad essere espressione di un alto grado di inciviltà e configurare la violazione del Codice della strada, fa scattare il reato di violenza privata qualora il detto spazio sia espressamente riservato ad una determinata persona, per ragioni attinenti al suo stato di salute.

I giudici di Piazza Cavour hanno infatti precisato che, nel caso concreto, «… l’imputato, avendo visto la segnaletica, era cosciente di lasciare l’autovettura in un posto riservato ad una specifica persona, così impedendole di parcheggiare nello stesso spazio e non l’aveva fatto per quei pochi minuti che avrebbero consentito di dubitare della sua volontà, ma aveva parcheggiato l’autovettura la mattina lasciandovela fino alla notte e quindi impedendo al disabile, a cui era stato assegnato il posto, di parcheggiare il veicolo anche al suo ritorno».

Delitto istantaneo

È interessante notare che la Cassazione ha qualificato il delitto di violenza privata come istantaneo, sottolineando che la consumazione del reato avviene nel momento in cui si verifica la privazione coattiva della libertà della persona offesa, indipendentemente dalla durata della condotta criminosa. La sentenza ha anche distinto chiaramente il reato di violenza privata da quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, precisando che quando il diritto rivendicato non coincide con il bene ottenuto attraverso la condotta arbitraria, non si configura il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.

In conclusione, questa decisione della Corte di Cassazione amplia la portata del reato di violenza privata, evidenziando la necessità di rispettare la libertà di determinazione e azione delle persone, anche in situazioni apparentemente banali come il parcheggio.

Tratto da: “Parcheggio selvaggio” nelle aree condominiali è reato di violenza privata

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