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Casa green, i requisiti di ristrutturazione su base nazionale. Schifone: «Battute le lobby»

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Deciso cambio di rotta dell’Europa sulla politica ambientalista

La lobby eco-nazista ha subito una brutta battuta d’arresto nell’Ue su uno dei campi di battaglia a lei più cari, la cosiddetta normativa «Casa green» che, nella sua formulazione originale, avrebbe rappresentato una possente stangata su tanti cittadini italiani e piccoli proprietari immobiliari.

Nei giorni scorsi, infatti, è stata rimandata a dicembre qualsiasi decisione. Ma sia per il centrodestra italiano, che per Ecr (il partito europeo guidato dalla presidente del consiglio Giorgia Meloni), rappresenta una svolta. La decisione, infatti, testimonia il deciso cambio di rotta della politica europea che sembra aver abbandonato la furia ambientalista dopo le dimissioni dalla Commissione europea di Frans Timmermans, principale ideatore e promotore del Green Deal.

Il nodo politico, riferisce un articolo di Antonio Castro per «Libero», resta nell’articolo 9. La Commissione europea aveva ipotizzato standard minimi di efficientamento già a partire dal 2030. I negoziatori sembrano aver archiviato l’ipotesi di definire ora i requisiti di ristrutturazione dell’Ue per i singoli edifici basati su classi energetiche armonizzate. Ora si parla di un parametro stabilito su base nazionale. Saranno in sostanza gli Stati membri a selezionare il grado di ristrutturazione in base al loro sistema nazionale di classi energetiche e alla loro traiettoria nazionale di ristrutturazione.

Determinanti le strategie nazionali

Nell’incontro negoziale successivo, che dovrebbe essere l’ultimo di quest’anno, si stabilirà un obiettivo di risparmio energetico medio fisso da raggiungere entro il 2030 e il 2035. Questo obiettivo sarà determinato da strategie nazionali, che a loro volta influenzeranno le future iniziative di ristrutturazione, in linea con l’obiettivo di rendere tutti gli edifici a emissioni zero entro il 2050, conformemente alla proposta della Commissione europea.

«Una scelta giusta perché non si può paragonare l’enorme, e pregiatissimo, patrimonio immobiliare italiano a quello di scarso valore di tanti altri Paesi, soprattutto nordici, dove la maggior parte degli edifici sono di nuova concezione e costruiti secondo principi diversi» afferma Luciano Schifone, presidente di Federproprietà Napoli. «Senza contare che in molti casi, all’estero, il patrimonio immobiliare è nelle mani di grandi società mentre in Italia, i cittadini sono proprietari dell’immobile in cui vivono. L’obbligo di efficientarlo in così poco tempo secondo standard europei (non rispecchianti la situazione italiana) avrebbe messo a duro rischio il bilancio economico di tantissime famiglie», conclude.

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