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Mutui a tasso variabile, più rate per contenere gli aumenti. Ma non sempre conviene

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Le banche favorevoli alla proposta del governo. Attenzione alle conseguenze

Porre un argine all’incremento delle rate dei mutui a tasso variabile. Questo è l’obiettivo che si è dato il governo Meloni per aiutare cittadini e piccoli proprietari immobiliari dopo gli aumenti dipesi dai ripetuti rialzi del costo del denaro voluto da Christine Lagarde, presidente della Banca Centrale Europea. A Roma hanno recepito i disagi e i tecnici sono al lavoro per studiare una strategia. Non potendo intervenire direttamente sul tasso d’interesse, è allo studio del Mef una misura che dia la possibilità, a chi non ce la fa a pagare, di allungare la durata del mutuo lasciando la rata invariata.

L’indiscrezione è arrivata dal vicepremier Matteo Salvini e dal ministro Giancarlo Giorgetti. Il meccanismo ha come obiettivo il supporto a famiglie ed imprese in difficoltà, con la possibilità di congelare i rialzi delle rate e allungare la durata dei finanziamenti. Già nel 2007 il Ministero dello Sviluppo Economico mise a punto un provvedimento analogo, che potrebbe costituire un precedente, anche se al Mef l’auspicio è che siano le stesse banche a intervenire in modo autonomo. «Al ministero dell’Economia, Giorgetti sta lavorando con le banche per allungare le scadenze di chi ha un mutuo a tasso variabile, che per colpa delle scelte della Bce sta aumentando, come rata, incredibilmente» ha affermato Salvini.

Sulla proposta è arrivata la disponibilità dal mondo bancario. Sulla possibilità di allungare il numero delle rate si è detto aperturista il presidente dell’Abi Antonio Patuelli e altri istituti, in primis Intesa Sanpaolo per voce del suo presidente Gros-Pietro e dal mondo del credito cooperativo.

Ma la rimodulazione, avvisa il Codacons, va sempre controllata con attenzione. Se un mutuo di 120mila euro per una durata di 25 anni (Taeg del 4,38%) lo si allunga ad una durata di 30 anni, gli interessi da corrispondere alla banca salgono in totale a 91.566,67 euro, con un incremento di ben 17.390 euro in appena 5 anni, ossia 3.478 euro all’anno. Al piccolo proprietario immobiliare, quindi, toccherà sempre valutare l’aumento dei costi caso per caso.

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